Perché gli Influencer sono importanti per il marketing
Perché gli Influencer sono importanti per il marketing

Tra gli anni ’40 e ’50, i sociologi statunitensi Paul Felix Lazarsfeld e Elihu Katz incominciarono a studiare l’influenza dei media sulle masse, constatando che tale influenza non fosse diretta, poiché i flussi di comunicazione venivano filtrati e rafforzati da degli intermediari.

Per la prima volta verrà utilizzato il termine opinion leader, ossia si incomincerà a parlare del valore che determinate persone hanno nel condizionare determinati gruppi sociali.

Negli anni ’60, Robert Edward Freeman svilupperà la teoria degli stakeholder e dell’importanza della legittimazione sociale di un’impresa, ossia di un riconoscimento positivo del ruolo aziendale nella società. Tale riconoscimento passa per i gruppi di interesse (stakeholder) che possono essere sia gli azionisti, i fornitori e i collaborati della azienda che gruppi esterni alla stessa come le associazioni di categoria, stampa e partiti politici.

Chi sono gli influencer?

Oggi, sulla base di queste teorie, si sente spesso parlare di influencer e delle attività di influencer marketing, ossia nella ricerca di persone capaci di poter influenzare l’opinione di un brand nei confronti dei consumatori, con la conseguenza di aumentare i benefici nella vendita di beni e servizi.

Non a caso, si parla sempre più spesso di corporate reputation, soprattutto in questi ultimi anni dove il web è diventato uno dei banchi di prova più importanti per lo sviluppo del business aziendale, dove lo sviluppo della reputazione online può essere sia un’opportunità che un tallone d’Achille.

Se le attività di comunicazione oggi vengono pianificate con strategie ad hoc di social media marketing, è altrettanto vero che gli errori è un approccio non sempre professionale scaturiscono effetti controproducenti come spesso vengono segnalati dalla pagina Facebook Social Media Epic Fails.

Gli influencer è un utente con migliaia e a volte milioni di seguaci distribuiti sui vari canali di social media, come Youtube, Instagram o altre piattaforme (attualmente si sta affermando 21Buttons, social fashion per l’acquisto di abiti). Quest’ultima applicazione è molto sponsorizzata dagli influencer e fashion blogger. Gli influencer possono sponsorizzare di tutto, dai brand alle macchine fino alle app: il loro mercato è in continua evoluzione e sembra inarrestabile. Gli influencer riescono appunto a influenzare tutti i suoi follower (i suoi seguaci) e hanno una grande incidenza sul loro potere d’acquisto. Per questo un numero sempre maggiore di aziende punta sugli influencer per far aumentare le loro vendite o magari per far affermare un prodotto nuovo.

Differenza tra influencer e ambassador

Quello che gli utenti, o follower, apprezza degli influencer è la loro imparzialità. Questi spesso nelle loro recensioni dicono esattamente quello che pensano del prodotto, se lo trovano valido, la loro idea sul rapporto qualità-prezzo del prodotto. La loro imparzialità ha conquistato la fiducia del pubblico che lo segue, in questo modo gli utenti intenzionati a comprare quello stesso prodotto saranno più sicuri della scelta, nel caso l’influencer l’abbia trovato un ottimo acquisto e scoraggiati nel caso in cui l’influencer non abbia apprezzato il prodotto.
Se invece dietro il prodotto che viene sponsorizzato o recensito dall’influencer c’è stato un pagamento, l’influencer non è più tale perché agisce per interesse e diventa dunque un ambassador. Ovviamente questo non significa che i prodotti sponsorizzati dagli ambassador siano meno validi rispetto a quelli sponsorizzati (gratuitamente) dagli influencer ma è semplicemente legato da più vincoli.

Chi può diventare influencer?

Chiunque può diventare un influencer: gli influencer infatti non sono solo quei personaggi nati sul web per il forte seguito, ma possono anche diventarlo quei giornalisti o gli esperti di un determinato settore, che sono capaci di dare grande visibilità a notizie, video, prodotti e anche servizi, decretandone anche il successo o l’eventuale fallimento.
I pionieri del mestiere dell’influencer sono però i VIP, che da sempre riescono a lanciare mode e modelli di stili di vita. Solo che mentre prima bisogna affidarsi alle riviste per sapere cosa la starlette aveva indossato nella prima di Sanremo, adesso è possibile saperlo direttamente da lei tramite i social. È cambiato anche il modo di interagire con i VIP, spesso questi rispondo ai commenti dei loro fan, mandandoli in visibilio e così mantengono sempre alta la loro attenzione e i loro profili sempre più zeppi di follower.

Gli influencer di prima categoria: gli influencer top

Un influencer top, può essere definito un influencer con milioni di seguaci, con un seguito mondiale e capace dunque di dettare le regole del mercato. Questa tipologia di influencer la troviamo principalmente in America, per una semplice ragione linguistica: l’inglese con cui scrivono i loro messaggi è una lingua universale che abbraccia un bacino d’utenza più ampio rispetto a qualunque altra lingua. Un caso anomalo è Chiara Ferragni, una delle top influencer per antonomasia, che pur essendo italiana comunica per la maggior parte in inglese perché si è affermata in America (e non solo) con il suo blog, per il quale aveva scelto un nome inglese, The Blonde Salad.

La sua carriera è stata tutta in ascesa, adesso ha anche aperto diversi negozi tra Milano e Los Angeles e il suo successo sembra inarrestabile. Quello che distingue i top influencer dagli influencer con minore visibilità non sono solo il numero di follower ma anche le risposte che hanno ai post che mettono: i top influencer vengono soprattutto citati da fonti esterne, è la grande cassa di risonanza che hanno a renderli così famosi e influenti. Gli influencer che ancora devono affermarsi invece spesso presentano un gran numero di seguaci che però non corrisponde ai like o ai commenti nelle loro foto. Questo può accadere anche perché molti comprano quei follower e questo, di fatto, non li rende influencer. I top follower gestiscono diverse piattaforme social e sono sempre un passo avanti nel lancio di nuove mode, spesso sono anche capaci di riesumare trend di cui ci si era dimenticati e farli diventare in un batter d’occhio super cool.

Ma come si diventa top influencer?

La strada per diventare top influencer è ovviamente molto più lunga e tortuosa rispetto al diventare un semplice influencer. Oltre al gran numero di seguaci, che è basilare anche per diventare un influencer basic (se così si possono definire), bisogna essere capaci di attirare sempre l’attenzione su di sé e di conseguenza far parlare di sé.

Gli elementi base che possiedono tutti i top influencer sono un nome capace di farsi ricordare per la sua grande originalità (The Blonde Salad docet), un’incredibile capacità di saper sfruttare la popolarità crescente e l’impegno nel pubblicare molte foto al giorno come se fosse naturale. La differenza reale tra un top influencer e l’influencer basic è poi dettata dal talento. Che possa piacere o meno, i top influencer hanno una grande mentalità e anche una gran dote imprenditoriale, che gli hanno permesso tutto questo successo. Se non proprio loro in prima persona, sono i loro agenti ad essere molto capaci, ma a loro resta la bravura di aver scelto degli agenti doc. A prescindere chi l’abbia fatto, se il top influencer o chi per lui, riuscire a sfruttare tutti gli elementi a disposizione, il periodo storico favorevole e il trend che si è sviluppato denota grandi doti strategiche e intellettive.

Perché un’azienda dovrebbe scegliere un influencer?

Un’azienda dovrebbe scegliere e assumere un influencer perché in questo modo parteciperebbe alla nuovo modo di fare pubblicità che si sta affermando in tutto il mondo. Bisogna essere cauti nella scelta dell’influencer e capire bene di quale tipo di influencer ha bisogno quell’attività: nessuno vorrebbe mai affidare l’immagine della propria azienda a persone con poca credibilità. Per questo l’ideale sarebbe scegliere un top influencer, i cui cachet sono ovviamente molto più alti rispetto ad un basic influencer, ma sicuramente questa spesa maggioritaria corrisponderebbe ad una maggiore visibilità per il prodotto.

Nonostante casi limite di cattiva comunicazione aziendale e di un uso sbagliato nel coinvolgere gli influencer, gli esempi di successo non mancano e come ogni anno, il Reputation Istitute stila il suo rapporto individuando – a livello mondiale – le 100 compagnie con la migliore reputazione. Al primo posto c’è la Walt Disney Company insieme Google e a giudicare dai loro utili, la cosa non desta alcuna meraviglia.